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db:uno_studio-piu_aggiornato_sul_tasso_di_mortalita_covid

Uno studio più aggiornato indica che il tasso di mortalità dell'infezione da COVID è solo dello 0,15%

Le valutazioni del report si basano sugli studi di sieroprevalenza, ovvero la rilevazione della presenza di anticorpi contro SARS-CoV-2 nel siero di una popolazione.

Il nuovo studio è stato pubblicato sull'European Journal of Clinical Investigation dal professor John P.A. Ioannidis (dei dipartimenti di: Medicina, Epidemiologia e Salute della Popolazione, Scienza dei Dati Biomedici, Statistica e Meta-Research Innovation della Stanford University), le cui valutazioni sistematiche (fino a 338 studi individuali coinvolgendo 50 paesi in tutto il mondo) si fondano sugli studi di sieroprevalenza, ovvero la rilevazione della presenza di anticorpi contro SARS-CoV-2 (il virus che causa il Covid-19) nel siero di una popolazione.

Gli studi di sieroprevalenza differiscono dalle statistiche nazionali tipiche dei “casi confermati” basati sulla PCR del virus in quanto non rilevano semplicemente tracce attive di SARS-CoV-2, ma piuttosto la presenza di anticorpi COVID al momento del test.

Nel produrre la sua stima dei tassi d’infezione e, dell'IFR (Infection Fatality Rate ovvero il rapporto tra decessi e infezioni totali) correlato, di COVID-19, Ioannidis ha sottolineato l'importanza di una panoramica delle stime rilevanti a livello globale, dato che tali stime “alimentano le proiezioni che influenzano il processo decisionale”, compresa la politica pubblica. Al fine di evitare “incertezza e generalizzazione poco chiara” derivanti da singoli studi, Ioannidis ha effettuato sei valutazioni su larga scala.

Pur non avendo una portata globale uniforme (72% - 91% dei dati di sieroprevalenza provenienti dall'Europa e dal Nord America), aggregando le sei valutazioni sistematiche, Ioannidis ha scoperto che tutti “i dati di sieroprevalenza convergono sul fatto che l'infezione da SARS-CoV-2 è stata ampiamente diffusa a livello mondiale”, risultando in un IFR globale di circa lo 0,15% con 1,5-2,0 miliardi d’infezioni a febbraio 2021 (rispetto ai 112 milioni di casi documentati). In termini concreti, l'IFR rivisto eleva il COVID-19 a un tasso di mortalità di poco superiore all'influenza, che generalmente è allo 0,1%.

Nota di Redazione: da tenere presente, come ormai è abbastanza noto a tutti, che i decessi registrati (IFR) sono stati artatamente “gonfiati”, per cui il tasso di mortalità scenderebbe sotto la soglia di quello della normalissima influenza.

Sebbene Ioannidis abbia fornito una stima generalizzata, ha notato che esistono grandi discrepanze nell'effettivo IFR in aree localizzate, come paesi specifici, e persino all'interno delle regioni dentro i confini di una stessa nazione. “Le differenze sono determinate dalla struttura per età della popolazione, dalle popolazioni delle case di cura, dall'efficace accoglienza delle persone vulnerabili, dalle cure mediche, dall'uso di trattamenti efficaci o dannosi” aggiungendo che: “i tassi di mortalità medi di anno in anno, sono peggiori nei paesi con sostanziali cambiamenti demografici”.

Per esempio, l'eminente professore ha indicato la Germania, che ha registrato un eccesso di 8.071 morti nella prima ondata di COVID-19, dalla decima alla ventitreesima settimana dello scorso anno. Questo eccesso, se aggiustato per i cambiamenti demografici, “è diventato deficitario di 4.926 morti”. In altre parole, il tasso di mortalità è sceso molto al di sotto di quanto ci si sarebbe potuto aspettare.

19 aprile 2021
Redazione di Extrapedia


db/uno_studio-piu_aggiornato_sul_tasso_di_mortalita_covid.txt · Ultima modifica: 20/04/2021 05:56 da @Staff R.