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Quando la paranoia impera

N. H. Dr. Salvatore Rainò: Ufficiale Medico Dirigente di Servizio Sanitario in congedo – 13° Battaglione Logistico di Manovra (Encomio Solenne, per il senso di altruismo e il cosciente sprezzo del pericolo) - Medico Chirurgo - Specialista in Allergologia ed Immunologia Clinica - Specialista in Medicina Interna - Omeopata Unicista Hahnemanniano LUIMO - Ricercatore bioenergetico

Quando la paranoia impera Non avrei mai pensato, in passato, che mi sarei occupato della paranoia, così come intendo fare nel referto dei miei pensieri di queste pagine.

La paranoia è un capitolo della Medicina, che riguarda un disturbo del corso del pensiero, con un pesante ingombro della fluidità dello stesso, ma soprattutto nell’impostazione del prelievo dei frammenti di realtà da impiegare nella gestione della stessa.

Infatti, la paranoia ha dei sinonimi: delirio di interpretazione, oppure follia raziocinante.

Che cosa significa?

Significa che le percezioni sarebbero integre, ma la significazione di queste è anomala.

Che cosa significa anomala?

Anomala significa che conduce a conclusioni e comportamenti che collidono con la verità.

Che cosa è la verità?

La verità che ci può interessare, in queste pagine, è quella che meno si discosta dall’assunzione di comportamenti non nocivi.

È normale che io vi guidi, nell’inerpicarmi attraverso i pendii ripidi dell’esperienza di questi tempi.

Ma, per poterlo fare, occorre risalire anche a momenti precedenti, in cui i nostri passi hanno iniziato a fornire i segni del cedimento.

Un lento cedimento, progressivo, omertoso, ha pianificato lo sviluppo possibile dell’acme della follia nella quale le persone annegano oggigiorno.

Quali sono gli elementi fondamentali, che erano evidenti anche da diversi anni?

Prima di tutto, l’addomesticamento dell’interpretazione.

Che cosa voglio dire?

Facciamo l’esempio dell’abitudine ad assumere farmaci per reprimere l’espressione di un fastidio.

La speculazione farmaceutica ha voluto fare intendere che la rimozione di un disturbo sia l’efficacia da perseguire negli standard della vita quotidiana.

In questo modo, si è creata una sproporzionata megalomania, affidata ai “semplici”, che ritengono di detenere il potere di spegnere il dolore.

Ma, questo tasto non dovrebbe essere troppo facilmente alla portata di chiunque ed in qualunque momento.

Quale rischio corrono le persone, se non si abituano a gestire il dolore con responsabilità?

Il rischio principale consiste nella sottovalutazione della spinta evoluzionistica del dolore.

Quando parliamo di dolore, non parliamo solo del dolore vero e proprio, ma parliamo di ogni fastidio procurato dalla vita, nella misura in cui non ne comprendiamo il senso.

Troppo numerose e facili soluzioni, alla portata di tutti, servono a fiaccare l’intelligenza e creare mostruosità comportamentali, pericolose per la sicurezza della vita.

Masse di persone che consumano illimitate quantità di farmaci, senza che qualcuno si prenda cura di sostituire il relativo profitto finanziario, ottenendolo con l’informazione e l’educazione alla salute.

Sarebbe uno stile di vita, quello di rimanere sani e saper tollerare eventuali indisposizioni passeggere, che divengono malattia, se si pretende sempre di soffocarle.

Può tale stile di vita generare ricchezza?

Io penso che sia possibile e conveniente, da ogni punto di vista.

Ho visitato, a volte persone tra le più ricche al mondo, ma erano così vittime della propria ignoranza, da essersi ammalate gravemente in modo proprio ridicolo.

Sembra un paradosso che individui così potenti si rivelino poi così fragili e pericolosi per sé stessi.

Uno degli aspetti più paranoici e dannosi della nostra società civile è la repressione della febbre.

Sormonta qualunque ragionamento l’istinto, ormai consolidato, di fare sparire la febbre.

Eppure, la febbre è fondamentale per guarire in modo sano e per scongiurare un debole livello di salute nelle fasi successive alla malattia.

Quindi la febbre è necessaria e indispensabile.

Eppure, tanto la si è disdegnata, da poter giungere, in questi ultimi tempi, a considerarla inaccettabile, perché foriera di rischio di malattia contagiosa.

Al massimo, la febbre sarebbe, in ogni caso la migliore risposta approntata dall’organismo, ma ciò è ai limiti dell’eresia.

La stessa eresia che si evince dal nascondere che una sintomatologia virale è quanto di più innocuo per la maggior parte della popolazione.

Ma, si potrebbe mai appiattire la percezione del rischio, contro la volontà smisurata di potere degli imprenditori farmaceutici, che impongono una supremazia sui meccanismi della vita e della salute.

Quale salute?

Un grande velo paranoico, deforme ed abituale, ha posseduto la coscienza delle persone, conniventi con una così detta zona di comfort, che nulla di confortevole avrebbe.

Non dico cose nuove, ma la mia intenzione è di dirle in modo indicato per i tempi che attraversiamo.

È un inferno percettivo, quello che viviamo, suggestionati in mille modi, sino a giungere a credere che l’uso di una museruola, fisica e spirituale, possa proteggere le persone dal contagio.

Il contagio non è un’entità mai fine a sé stessa, ma sempre il risultato di interazioni multifattoriali, che vedono come ultimo argomento la patogenicità e la virulenza di un germe.

Pericolosamente, si induce la gente a credere che vi sia un rischio di contagio che cade dal cielo come una disgrazia.

Ma, se così fosse, la disgrazia potrebbe mai essere scongiurata da azioni umane?

E veniamo al dunque.

Manca la dimestichezza a maneggiare il senso del pericolo con disinvoltura, come se uno rifiutasse il concetto dell’equilibrio su due ruote.

È possibile che, per paura di morire, si debba morire di paura?

L’estemporaneità della vita è il miracolo che ne rende possibile l’evoluzione e ne consente la diversificazione interessante.

La società ha tolto il brio alla grandezza della biologia, imbalsamando le percezioni e creando la piattaforma in cemento armato sulla quale si cristallizza la paranoia.

Per gli uomini di scienza, non vi è nemmeno una verità nei comportamenti ossessivi adesi ai rituali fobici, tanto spalmati in questi mesi.

Ma, la vergogna più inaudita è lo sforzo applicativo delle Forze dell’Ordine, complici demenziali degli agonisti soggiogati del costume delirante e paranoico.

La cultura non è mai stato appannaggio delle masse, tanto meno dei controllori delle masse, ma siamo giunti alla massificazione dei comportamenti che dovrebbero richiedere lo stile più preziosamente individuale.

È come andare in bagno. Non tutti lo fanno allo stesso modo.

Gli esercizi commerciali, sotto intimidazioni fra le più volgari, sono divenuti i luoghi della sopraffazione della dignità della persona e del suo buonsenso.

Se il virus fosse così diffuso da giustificare i mezzi impiegati oggi, dovremmo riconoscere che il nemico, così intriso nella vita stessa, non potrebbe essere considerato più tale.

Se la vita individuale è così passibile di interazione virale, che differenza vi è fra un virus ed una persona?

Infatti, virus e vita sono così talmente intrecciate che non vi sono problemi ad accettarne l’identità.

Ma, allora, da che cosa dovremmo proteggerci?

Dalla nostra ombra, oppure da quell’oscurità che vogliono farci percepire, inducendo, appunto, delle percezioni paranoiche.

E se fosse che l’impedimento dello scambio con l’ambiente esterno rappresenti il vero problema?

Fatto sta che le persone, alla fine della giornata con la museruola, hanno un senso di bruciore interno nei polmoni, come anche allo stomaco, ma resistono, rassegnate come se il nemico invisibile fosse non disattivabile.

Ma, il nemico invisibile non è il virus, e nemmeno l’idea del virus, ma semplicemente la pressione unisona, arrogante e presuntuosa, della malizia al governo, con pretese di controllo della popolazione, sino a violare il senso magico della vita stessa.

Non si possono accettare queste cose.

Ma, allora, perché la maggior parte delle persone accetta di sopportare tante scelleratezze?

Forse perché queste persone non sono più esattamente vive?

Forse perché l’elite posseduta fa bene a volersi sbarazzare di tali residui viventi?

Ove resta il senso della vita, del dono che essa rappresenta per chi lo intende?

La vita si riprende la vita.

La morte si riprende la morte.

Ad ognuno di noi, momento per momento, l’arduo compito di dimostrare a quale gruppo di entità apparteniamo.

Se vogliamo vivere, dobbiamo amare la vita.

Se amiamo la vita, dobbiamo essere autentici.

Se siamo autentici, chiariamo, momento per momento, con chiunque, quali sono i limiti da non valicare, per non generare la nostra reazione di sopravvivenza.

Sane reazioni a stimoli abnormi sono l’unico sistema per non percorrere inutilmente la vita della nostra individualità e quella della nostra trascendenza, cioè di quella continuità che garantisce a tutti di poter vivere.

Extrapedia Autori
09 luglio 2020
Credits


db/quando_la_paranoia_impera.txt · Ultima modifica: 10/06/2021 18:42 da @Staff R.