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Obbligo del vaccino? È la nostra Costituzione a escluderlo

di Paolo Bellavite (Vaccinologo): Ricercatore indipendente, già professore di Patologia Generale presso l'Università di Verona e cultore della materia fino a giugno 2021 (Curriculum).

Sulla questione della salute si gioca il delicato equilibrio tra rispetto della persona e “interesse della collettività”. La libertà e la dignità della persona umana non possono essere subordinati all’interesse della collettività, se non per gravi e fondati motivi. La costituzionalità dell’imposizione dell’obbligo vaccinale non sta nell’efficacia dei vaccini come mezzi di prevenzione delle malattie, ma nelle condizioni di superiore interesse per la collettività e rispetto della persona umana.

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha sostenuto, nel suo recente intervento al Meeting di Rimini, che “vaccinarsi è un dovere non in obbedienza a un principio astratto, ma perché nasce dalla realtà concreta che dimostra che il vaccino è lo strumento più efficace di cui disponiamo per difenderci e per tutelare i più deboli e i più esposti a gravi pericoli”. Anche se dal punto di vista tecnico tale generica dichiarazione di fede nei vaccini sarebbe criticabile (non è detto che il cosiddetto vaccino sia lo strumento più efficace: ad esempio per controllare l’AIDS gli strumenti più efficaci sono stati l'igiene e le cure), in questo intervento desidero commentare un altro punto della relazione di Mattarella.

A un certo punto egli afferma che “Il primo dei presupposti della libertà sta proprio nella coscienza della persona. E nella possibilità di un suo sviluppo integrale. Il coraggio dell'io ha a che fare con il coraggio della società di tenere sempre aperte, di non chiudere mai, le strade di uno sviluppo integrale della persona, di ogni persona. A questo dovere ci richiama la nostra Costituzione la cui impronta è, appunto, personalista”.
Questa affermazione, di per sé condivisibile, pare contrastare con l’altra che richiama al “dovere” e con la firma apposta al Decreto Legge n. 44/2021 che ha istituito l’obbligo vaccinale per gli operatori sanitari, molti dei quali sono già sospesi e senza stipendio per suo effetto.

In particolare, il Presidente dovrebbe sapere che la Costituzione all’art. 32 menziona la persona umana dove recita “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Lo stesso articolo afferma che “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Quindi è proprio sulla questione della salute che si gioca il delicato equilibrio tra rispetto della persona e “interesse della collettività”. E’ anche per questo che la questione dell’obbligo vaccinale (o ricatto vaccinale, che è la stessa cosa) è centrale nell’attuale dibattito e negli orientamenti della società intera per il futuro. Non è questione semplicemente di rischi/benefici di una pratica medica, ma di rapporto tra la persona umana e i veri o presunti interessi dello Stato.

Per questo ritengo utile precisare proprio alcuni punti della Costituzione, importante e fondamentale baluardo di civiltà e di diritto in questo frangente in cui sulla questione dei vaccini infuria il dibattito e montano le tensioni. Di questo argomento ho avuto occasione di trattare estesamente nel libro “Vaccini sì, obblighi no” (edizioni Libreria Cortina, Verona 2017) cui rimando per approfondimenti.

Essendo la salute un fondamentale diritto della persona che viene tutelato, una delle massime espressioni di tale tutela è di non poter essere sottoposti a cure o terapie che non siano scelte o accettate. Nello stesso articolo 32, è menzionato e quindi tutelato anche l’interesse della “collettività”. Tra il diritto dell’individuo e l’interesse della collettività esiste un equilibrio delicato e non è facile stabilire i confini dei due ambiti. La libertà e la dignità della persona umana non possono essere subordinati all’interesse della collettività, se non per gravi e fondati motivi.

Nella Costituzione si nomina la persona umana proprio in forza del principio “personalista”, da cui è informato l’intero ordinamento italiano. Il principio di autodeterminazione della persona umana in materia di trattamenti sanitari, che inerisce al diritto di ciascuno alla salute in quanto diritto fondamentale, è a sua volta riconducibile anche agli art. 2, 3 e 31 della Costituzione. Esso è inoltre tutelato da numerose norme del diritto Europeo e dalla convenzione sui diritti dell’uomo e la biomedicina, firmata a Oviedo il 4 aprile 1997, il cui art. 5 stabilisce la regola generale per cui “un trattamento sanitario può essere praticato solo se la persona interessata abbia prestato il proprio consenso libero e informato”.

Apertosi un dibattito sul caso dei vaccini pediatrici e della legge “Lorenzin”, il Servizio Studi della Camera dei deputati ha prodotto il Dossier n° 294 - Elementi per la valutazione degli aspetti di legittimità costituzionale (25 luglio 2017), in cui si legge che «la Corte costituzionale ha avuto modo di affermare che la legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l'art. 32 Cost. se il trattamento sia diretto non solo a migliorare o preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri, giacché è proprio tale ulteriore scopo, attinente alla salute come interesse della collettività, a giustificare la compressione di quella autodeterminazione dell'uomo che inerisce al diritto di ciascuno alla salute in quanto diritto fondamentale (sentenza n. 307/1990)».

Questo punto è fondamentale perché in nessun caso si può pensare che si debba imporre una inoculazione di un prodotto farmaceutico nell’”interesse” della persona da trattare, senza il suo consenso. E’ solo se tale inoculazione fosse veramente necessaria alla salute “come interesse della collettività” che il trattamento non sarebbe incompatibile con l’articolo 32. Ed è proprio qui che sorgono i più grossi dubbi tecnici e quindi giuridici sui cosiddetti “vaccini” anti-COVID-19.

Scrivo cosiddetti perché questi prodotti hanno una doppia azione, di “vaccini” (stimolatori della reazione immunitaria) ma anche di “farmaci” (modificatori dell’assetto biologico e biochimico dell’organismo). E’ ormai una nozione scientificamente acquisita il fatto che due dosi di questi nuovi prodotti biotecnologici conferiscano una protezione per qualche mese (poi serviranno probabilmente altre dosi ripetute nel tempo, come sta già succedendo in Israele) dalle conseguenze più gravi della malattia, ma non impediscono i contagi e non riducono la carica virale nel naso e nella bocca. Pertanto, il presunto interesse della collettività non esiste, se non per ciò che potrebbe forse riguardare il fatto che le cure agli eventuali malati potrebbero pesare sulle casse dello Stato. Ma la qual cosa si verifica già per la gran parte delle malattie croniche, che sarebbero pur prevenibili con molti mezzi ben noti.

Questo aspetto è determinante anche sul piano etico. Se fosse vero che la inoculazione del singolo fosse necessaria per il bene della collettività potrebbe forse essere comprensibile l’affermazione di papa Francesco secondo cui vaccinarsi sarebbe un “atto di amore”. Ma le attuali evidenze scientifiche smentiscono o almeno pongono in dubbio che la vaccinazione a tappeto di tutta la popolazione, fino a raggiungere le fasce giovanili e infantili che non ne hanno bisogno, con inoculi che si prospettano ripetuti a scadenze ravvicinate, sia veramente un progresso dello stato globale di salute. E tralasciamo il fatto che gli atti di amore dovrebbero eventualmente essere liberi e non frutto di obbligo e ricatto.

La medicina è in perenne evoluzione e spesso si assiste a drastici cambiamenti di prospettiva: si pensi ad esempio all’utilizzo diffuso degli antibiotici nel secolo XX, che oggi è fortemente limitato dalla ben nota insorgenza di molti ceppi resistenti a qualsiasi antibiotico. Si pensi anche al grave problema della emergenza continua di ceppi di virus varianti, certo favorita dalla diffusa distribuzione di vaccini “imperfetti”, che sono proprio quelli che possono ridurre la gravità della malattia ma non eliminare il coronavirus.

Il dossier n° 294 sopra citato spiega, inoltre, che la Corte Costituzionale ha precisato che le leggi che prevedono l'obbligatorietà delle vaccinazioni sono compatibili con l'art. 32 della Costituzione (sentenza n. 258/1994) se vi sia “la previsione che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato, salvo che per quelle sole conseguenze, che, per la loro temporaneità e scarsa entità, appaiano normali di ogni intervento sanitario e, pertanto, tollerabili”

Tornando al rispetto della persona umana, è necessario affermare nel modo più netto che i cosiddetti vaccini anti-COVID-19 sono gravati da rischi di gravi effetti avversi con una incidenza incomparabilmente superiore a tutti i vaccini tradizionali. I sistemi di farmacovigilanza, in atto almeno da 10 anni in tutti i paesi progrediti, pur nei loro limiti di efficienza ben noti (si tratta di segnalazioni “spontanee” e non raccolte in modo sistematico), segnalano centinaia di morti in Italia e migliaia in Europa. E’ vero che non tutti i 498 decessi segnalati in Italia (da Gennaio a Luglio) nei giorni successivi all’inoculo di anti-COVID-19 potrebbero essere causalmente correlati (di questo problema si è già trattato in precedenza in questo stesso sito), ma è altrettanto vero che gli stessi sistemi di vigilanza segnalavano da 4 a 10 decessi in un intero anno dopo le comuni vaccinazioni anti-influenzali. Simili segnali di pericolo si registrano anche in altri database come quello “VAERS” degli USA in cui a fronte di 4917 morti per vaccini anti-COVID-19 (al 2/09/2021) sono stati riferiti (dal 1990) 585 morti dopo il vaccino anti-influenzale. Da notare che negli USA è vaccinata contro l’influenza più della metà della popolazione.

Ai fini della questione posta in partenza, vale a dire la costituzionalità dell’imposizione dell’obbligo vaccinale, va chiarito ancora una volta nel modo più netto che il problema attuale non sta nell’efficacia dei vaccini come mezzi di prevenzione delle malattie, fatto assodato e indiscutibile, anche se spesso troppo enfatizzato rispetto alla realtà dei fatti. Errato e fuorviante sarebbe porre i termini della questione come pro - o contro - i vaccini. Errato e fuorviante sarebbe rispondere ai legittimi dubbi della popolazione con l’affermazione che i vaccini hanno salvato milioni di vite umane e ancora li salvano (in altri continenti).

Se anche fosse vero che nella storia della medicina occidentale i vaccini abbiano rappresentato l’intervento di sanità pubblica più importante per l’umanità (argomento che si potrebbe comunque discutere se si prendesse in considerazione la potabilizzazione e disinfestazione delle acque), ciò non giustificherebbe l’introduzione di obblighi se non si verificassero le condizioni poste in premessa, di superiore interesse per la collettività e rispetto della persona umana.

Altrettanto discutibile sarebbe un’argomentazione per cui la stessa obbligatorietà vaccinale, introdotta da leggi del passato, fu utile per eradicare una malattia come il vaiolo o per difendere la popolazione dalla difterite e dal tetano. A quei tempi vi era un’alta prevalenza dell’analfabetismo nella popolazione, quindi l’imposizione di una regola igienica a tutto il complesso sociale poteva essere probabilmente vista come una supplenza all’ignoranza dei pericoli di contagio. Oggi non è più così, anzi la propaganda vaccinale su tutte le reti e le discussioni in materia hanno raggiunto livelli quasi insopportabili, ai limiti di una patologia ossessiva.

In conclusione, le ragioni qui presentate portano a concludere che i vaccini anti-COVID-19, ancora in fase sperimentale, devono essere considerati come possibili mezzi di prevenzione individuale ma non esistono i presupposti tecnici e giuridici per poterli inoculare a chicchessia senza il valido consenso delle persone umane.

Extrapedia Autori
04 settembre 2021
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